Naso e gola sono i due distretti al centro di uno studio tutto italiano, riguardante l’elevata infettività della variante africana di SARS-CoV-2, Omicron.
Negli ultimi anni la pandemia da SARS-CoV-2 ha visto susseguirsi la nascita di nuove varianti – Alfa, Delta, Omicron – ciascuna con caratteristiche diverse e differentemente infettive.
Proprio la variante africana Omicron, al centro degli ultimi studi epidemiologici, ha fin da subito rivelato una maggiore infettività e contagiosità tra i soggetti in situazioni favorevoli al contagio nonostante i sintomi siano meno severi.
Proprio uno studio italiano ha rivelato le ragioni di tale infettività: al centro dello studio proprio naso e gola.
Lo studio italiano sull’infettività di Omicron
Polmoni, faringe e vie respiratorie sono le parti del corpo più colpite dall’infezione SARS-CoV-2. Se alcune varianti colpivano direttamente le basse vie respiratorie, infettando i polmoni, altre come Omicron si concentrano l’alta carica virale nelle alte vie respiratorie ovvero naso e gola.
A dimostrare ciò uno studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Infection e coordinato da Giuseppe Lippi presidente della Scuola di Medicina e chirurgia di Verona. A condurre lo studio Gian Luca Salvagno, docente di Biochimica clinica e direttore del Laboratorio Analisi dell’ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, Martina Montagnana, docente di Biochimica clinica dell’università e Brandon M. Henry, ricercatore del Texas Biomedical Research Institute di San Antonio.
Lo studio ha dimostrato come i soggetti infettati dalla variante africana Omicron abbiano sviluppato un‘alta concentrazione di carica virale localizzata nella regione naso-faringe. Addirittura la carica virale risulta quattro volte superiore rispetto ai soggetti contagiati da varianti Delta o Alfa.
Tuttavia l’alta concentrazione virale localizzata in naso e gola ha rivelato anche risvolti positivi: il sistema immunitario reagisce più efficacemente e rapidamente nei confronti del virus, combattendolo prima che questo raggiunga i polmoni.
I sintomi dati da Omicron risultano quindi essere meno severi.
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